Si era svegliato di nuovo. Aveva guardato l’orologio, uno dei tanti sparsi nell’appartamento. Era ancora presto. Chissà quanto aveva dormito? Forse qualche ora, probabilmente una soltanto.
Il televisore era acceso, ma trasmetteva immagini diverse da quelle che lui stava guardando prima di assopirsi. Il cane sulla brandina stava russando. Era ancora presto.
Avrebbe potuto alzarsi dal divano e coricarsi a letto, ma ormai si era svegliato.
Era andato in cucina per preparare il caffè. Una mattina di gennaio, faceva freddo. Un caffè caldo ci voleva. E anche un telegiornale. Per ammazzare il tempo. Aveva guardato l’orologio della cucina. Era ancora presto.
Aveva bevuto il caffè, uno dei tanti, si era acceso una sigaretta, una delle tante. Aveva guardato l’orologio. Era ancora presto.
Aveva preso il guinzaglio e svegliato il cane. Fargli fare due passi in cortile e una pisciata mattutina. C’è ancora gente che dice scendere il cane, aveva pensato.
Quanta ignoranza, aveva pensato. Il cane era tornato alla sua brandina. Poteva fumare un’altra sigaretta, oppure bere un altro caffè. No. Si sentiva stanco. Poteva coricarsi a letto. No. Meglio il divano. Aveva guardato l’orologio. Era ancora presto.
Da quanti anni non riusciva a dormire in pace? Da quante notti non riusciva a dormire in pace?
Il suo cuore era stanco.
Aveva chiuso gli occhi. Forse, avrebbe potuto dormire un po’ prima di uscire di casa. Era ancora presto.
Avrebbe dormito per sempre. In pace.
Testo: Fabrizio Di Fiore
Immagine: Luca Lenci