Le modificazioni evolutive, così inaspettatamente rapide, non avevano però trasfigurato, se non nella forma, almeno nella loro essenza più profonda, costumi e tradizioni. I ragazzini, dopo la scuola, si ritrovavano nei cortili a giocare a pesce-palla. I sacerdoti, nelle funzioni domenicali, celebravano regolarmente la liturgia eucaristica facendosi iniettare il vino per via endovenosa, tramite siringhe dorate. Le anime romantiche, si radunavano a contemplare le stelle marine che sui fondali disegnavano sempre nuove costellazioni.
La città in cui Ester viveva non era molto diversa dalle altre che popolavano gli abissi. Un’area centrale, ricca e scintillante grazie ad un capillare sistema di illuminazione costituito da milioni di ampolle in cui venivano compressi pesci lanterna di varie specie, e, tutt’intorno, un’immensa periferia punteggiata di villette che, nei margini più distanti, sconfinava su immense praterie di alghe avvolte dalle tenebre. Ester abitava in una di quelle villette, costruita, come tutte la altre, su due piani. La sua stanza, al primo piano, affacciava su un piccolo giardinetto popolato di meduse da cortile. Già da giorni i raggi di sole riuscivano a raggiungere i fondali e a penetrare dalla sua finestra, tanto ormai era avanzato l’abbassamento del livello dell’acqua.
Le autorità cittadine, con l’assistenza degli scienziati, i quali per primi avevano registrato già da mesi il nuovo fenomeno che poi nel giro di pochi giorni si era manifestato come inarrestabile, avevano condiviso con la popolazione un documento telegrafico in cui era prevista la data della totale scomparsa delle acque. Dopo la diffusione del documento, quasi sin da subito, si erano registrati suicidi di massa. Non tutti infatti sarebbero potuti sopravvivere. Decenni prima, tra i più benestanti, aveva iniziato a diffondersi una nuova moda. Guru della finanza, starlette in ascesa ed esponenti in vista della politica e della criminalità organizzata, si sottoponevano a costosissimi interventi chirurgici volti a cancellare la loro natura ibrida di creature per metà marine, ma per l’altra ancora terrestri. L’operazione consisteva in profonde incisioni sui due lati del collo nelle quali venivano ricavate quelle che erano a tutti gli effetti delle branchie. Per il resto, si interveniva sui polmoni, eliminando integralmente le strutture residue e inutilizzate della vecchia respirazione polmonare dei terrestri, completando perciò il salto evolutivo. Era comune osservare le branchie emergere oltre il colletto di camice candide incastonate in giacche eleganti ed impeccabili nodi di cravatta o coronare decolté impreziositi da gioielli di ogni sorta, tra gli invitati a party esclusivi e trasgressivi, ai piani alti degli edifici del centro, che gli stessi erano soliti raggiungere in sella ai loro squali tirati a lucido. Moltissimi branchiati decisero di non attendere il compimento del corso degli eventi nel suo svolgersi naturale, ma di porre immediatamente fine alle angosce. Non passava giorno in cui, a decine, si distendevano su piccole piattaforme motorizzate appositamente costruite e provviste di eliche, in grado di trasportarli inerti fino alla superficie dell’acqua, percorrendo centinaia di metri in pochi minuti. Una volta emersi, essi soffocavano sotto un sole implacabile.
Quando Ester, sconfitta, uscì dall’Acquario Comunale erano passati due anni, quattro mesi, sette giorni, nove ore e una man-ciata di minuti dal prosciugamento delle acque. Sconfitta, perché i suoi tentativi di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla nuova metamorfosi in atto erano, ancora una volta, naufragati. Sottoponendo, infatti, al custode dell’Acquario il risultato delle sue osservazioni sistematiche iniziate molti mesi prima, circa comportamenti e abitudini dei pesci ospitati nella struttura, secondo cui era chiaro che gli animali stessero progressivamente assumendo sembianze antropomorfe, lui, un uomo dalla stazza titanica, tanto che riusciva a sedersi su sé stesso, era scoppiato in una serie di risate talmente fragorose che lo avevano portato sul limite del soffocamento e talmente roboanti da incrinare il vetro di una delle vasche. Ester, indispettita per la poca considerazione, s’incamminò verso casa sotto un sole cocente. Dei trascorsi antecedenti al prosciugamento non erano rimaste particolari tracce, eccezion fatta per conchiglie e scheletri di esseri marini che disseminavano qua è là il suolo. Per il resto, il mondo si presentava come una distesa infinita di sabbia, sale e sedimenti calcarei, punteggiata di edifici. Di acqua quasi nessuna traccia, se non poche riserve controllate in modo dispotico dalle autorità. Una piccola parte di queste riserve era stata utilizzata per realizzare l’Acquario e far sopravvivere i pesci superstiti, i quali, però, essendo in quantità superiore rispetto alla capacità delle vasche a disposizione, vi venivano ospitati secondo precise turnazioni.