EX-TRA presenta:
TRE STORIELLE DA UNA CITTADINA
Questo racconto è apparso originariamente su Salt Hill, la rivista letteraria di Syracuse University che esce con cadenza semestrale e che ospita racconti e poesie di autori emergenti.
“Three Small Town Stories” è stato successivamente inserito anche nella raccolta Remarkable (BOA Editions).
1
Un tizio entra in un Kentucky Fried Chicken e dice, datemi del pollo.
Forse ha una pistola o forse ha solo un dito tremante e sudaticcio sotto il lembo della giacca; in ogni caso, non vuole soldi, ma pollo. Due pezzi, una zampa e una coscia. Super croccanti. Nessuno con un minimo di sale in zucca chiederebbe la ricetta originale di questi tempi. E sarà meglio che quel panino sia bello caldo, non dategli quella merda che pare un dischetto per giocare a hockey. Sono tutti preoccupati.
Esattamente un anno fa oggi, un tornado ha sconquassato il centro della città e si è portato via le finestre della facciata del ristorante. I clienti, i cassieri, i dirigenti, i bambini, e il pollo morto surgelato si erano tutti trovati rannicchiati nel congelatore per salvarsi la vita. Nessuno si era fatto male. Ma oggi è un’altra storia. Se il tizio con la pistola/dito non ottiene il suo pollo, potrebbe sparare a qualcuno. Potrebbe ammazzare qualcuno.
“Fammelo da portar via – dice il tizio – non ho forse già detto che lo volevo da portar via? Penso proprio di sì”.
“Sì signore, l’ha già detto – risponde il commesso – mi scusi.”
“Vorrei ben vedere.”
È qui che la storia inizia e anche dove finisce, perché il tizio alla fine prese il pollo e se ne andò dal ristorante. Semplicemente, uscì, punto. Nessuno chiamò la polizia e nessuno scrisse uno stato su Facebook al riguardo e nessuno twittò o piagnucolò o ci pensò più di tanto. E la cassa non rimase neppure a corto di soldi, perché non ci fu una vera e propria transazione. Ma la parte interessante della storia è che da un lato simboleggia l’aspetto migliore delle cittadine, dall’altra il suo aspetto peggiore. L’aspetto migliore è che la gente che vive nelle cittadine si regala il pollo a vicenda. Così, gratis. L’aspetto peggiore è quello del tornado che per poco non fece un vero casino, coi vetri rotti su tutto il pavimento unticcio, i bambini che piangevano, i polli morti nel congelatore, e le persone che non volevano nient’altro che mangiarseli.
2
Melissa e Shane sono fidanzatini. Melissa e Shane sono innamorati. Si sono conosciuti quando lei aveva dodici anni e lui tredici, ma adesso sono entrambi all’università, e sono a casa per l’estate tra il loro primo e secondo anno. Melissa sta studiando per diventare una maestra delle elementari; Shane non ha ancora deciso, ma sta pensando se fare il rappresentante di bestiame, il dirigente sportivo, o magari l’artista. Oggi hanno deciso di fare un giro su un carro, anche se non c’è paglia dove sedersi.
“Meglio così – dice Melissa – la paglia è ruvida e pizzica”.
“Avrebbero potuto lasciarci almeno qualche balla di fieno scadente – dice Shane – cazzo”.
Effettivamente il giro è piuttosto squallido, visto che il carro è poco più di un carretto da rimorchio per animali da fattoria con il metallo tutto arrugginito e il rivestimento di gomma nera quasi rovente sotto il sole di mezzogiorno, il tutto trainato da un trattore semicentenario che arranca pigramente sulla strada ma che starebbe meglio parcheggiato in fondo al fienile del vecchio contadino alla sua guida. Shane e Melissa sono seduti dietro. Shane si toglie la maglietta e la offre a Melissa perché ci si sieda sopra. Lei accetta, e i due guardano la città sfilargli accanto lentamente, a una velocità di circa cinque miglia all’ora. Il negozio di liquori, la chiesa Battista, la chiesa di nostro Salvatore Gesù Cristo, il campo del minigolf (chiuso per via di un incendio), un altro negozio trasformato in una chiesa chiamata “Il Garage di Dio”, il ristorante Messicano (chiuso fino a data da destinarsi), la sala bingo, la scuola superiore, il parrucchiere (che in realtà è praticamente il salotto di qualcuno), il negozio di panini della catena Subway, il campo da football, un’altra chiesa ancora. A Melissa piace qui; vuole tornare dopo l’università. A Shane invece la cittadina non piace per niente, ma Melissa spera che anche lui torni. A parte il guidatore del trattore sono soli, tutti gli altri in città hanno troppo caldo o sono troppo furbi per uscire dopo essere tornati dalla messa. Shane e Melissa passano accanto al minimarket dove avevano avuto il loro primo appuntamento; passano oltre il canile dove avevano organizzato una raccolta fondi per l’ultimo anno delle superiori; passano oltre la torre dell’acqua, che ora strizza una lucina rossa tutta sola come a indicare un misto tra impotenza o timore, perché la pressione è stata molto bassa per tutta l’estate, i prati secchi e marroncini, l’acqua dai rubinetti ridotta a qualche goccia, i cani tenuti in casa, i prezzi della paglia esplosi. Per la prima volta, Melissa fa due più due e connette le difficili condizioni metereologiche con la mancanza di paglia sul carro – forse questo è davvero il massimo che possono avere o che si possono permettere. Si sente triste e allo stesso tempo pronta all’azione; lei e Shane, insieme, così giovani e forti e con così tanto tempo davanti, possono sicuramente fare qualcosa. Si immagina una bella cena di spaghetti, qualcosa di semplice e rustico, una raccolta fondi per tutti coloro che sono stati colpiti dalla siccità. Immagina Shane che affetta qualcosa dietro il bancone, sfoggiando un bel cappello da cuoco e sventolando un mestolo di legno, con musica italiana di sottofondo, uno scintillante portatovaglioli di fianco, tovaglie di tessuto ben lavate per l’occasione – l’autenticità del Vecchio Mondo, la carità del nuovo. Melissa sta per descrivere la scena ad alta voce quando le marce del trattore sembrano grattare con un gemito orrendo; il lungo, acuto lamento tipico di una disfunzione meccanica le fa eco nelle orecchie. Afferra il braccio di Shane e gli domanda che succede.
“I freni –fa Shane – questa merda di trattore è un catorcio”.
Sono fermi adesso, e Melissa vuole tornare a casa. Vede l’ombra degli alberi in che li circondano, i crisantemi e la salvia, le margherite gialle ormai secche, il letto del ruscello inaridito e punteggiato di erbacce e corteccia caduta dalle betulle allineate sulla riva e piegate su di loro. Melissa si rende conto immediatamente che si trovano fuori dai limiti della città – sono abbastanza vicini per tornare indietro a piedi, ma senz’acqua devono per forza fermarsi al minimarket sulla strada di casa. Si domanda se Shane si sia ricordato di portarsi dietro il telefono o il portafoglio, dato che lei, aspettandosi una giornata rilassante con lui, aveva lasciato i suoi sul cassettone di casa. Il vecchio che guida il trattore ha un’aria familiare – tutti hanno un’aria familiare da queste parti – ma Melissa non sa come si chiami. Magari è il prozio della sua amica Kelsey, quello che viene dalla costa est, ma non ne è sicura. Shane saprà cosa fare.
“Ha bisogno di una mano?”, Shane grida al guidatore.
“State seduti – risponde quello – Il trattore ha bisogno di riposare per un attimo. All’ombra”.
Stanno in silenzio per un po’, e una sola nuvola, come una tovaglia appena lavata per l’occasione, copre il sole. Melissa alza gli occhi e guarda un cervo, giovane, magro, bello e silenzioso, che prova a bere dal letto secco del fiume, ma invece che l’acqua trova i resti di semi dei pioppi. Anche Shane vede il cervo. Non si muove né dice niente. Non sanno se il guidatore – che è davvero il prozio di Kelsey, dalla costa est – abbia visto il cervo, perché sanno che il suo futuro è già confezionato per lui: cene surgelate davanti alla televisione e troppi pisolini in mezzo al pomeriggio. Ma proprio in quel momento, Shane decide che sarà un pubblicitario di bestiame, e Melissa, cambiata dall’improvvisa grazia del cervo, decide di smettere di studiare per diventare maestra elementare, e di dedicarsi all’arte.
3
Il tipo che si è ammazzato è lo stesso che usava l’idrante da giardino tutte le mattine per riempire la fontana per uccelli nel cortile sul retro. Il tipo che si è ammazzato è lo stesso che preparava torte al burro di arachidi ma non le mangiava mai perché insisteva che voleva stare attento alla linea. Il tipo che si è ammazzato è lo stesso che non andava mai al ristorante senza portarsi dietro la sua forchetta, il coltello, e il cucchiaio. Il tipo che si è ammazzato è lo stesso che ha fatto fuori il pesce rosso di suo figlio e poi ha mentito e ha detto che era già morto per conto suo. Il tipo che si è ammazzato è lo stesso a cui piaceva andare a giocare a bowling e partecipare a un torneo itinerante, lo stesso che non lasciava nessuno tranne sua moglie vedere il suo armadio pieno di magliette da bowling e quattro palle da bowling molto costose. Non che nessuno chiedesse mai di dare un’occhiata al suo armadio, perché, davvero, non lo chiedeva nessuno. Il tipo che si è ammazzato era un bell’uomo, tranne per il suo naso e i suoi denti. Il tipo che si è ammazzato era un mago, ma solo nei suoi sogni. Il tipo che si è ammazzato è in fiamme, ed è così che si è ammazzato, come Richard Pryor, solo che è stato più veloce e ce l’ha fatta davvero. Il tipo che si è ammazzato non dev’essere compatito, perché ha fatto cose tremende. Il tipo che si è ammazzato dovrebbe essere grato di essersi tolto da questo buco di culo dove non succede mai niente, non succede mai niente, non succede niente neanche dopo morti.
Testo: Dinah Cox
Illustrazioni: Gabriele Grassi
Traduzione: Rachele Salvini