LETTURATORE presenta
Mi avventavo sul cibo come se fosse l’ultima occasione per nutrirmi, piatto dopo piatto, non mi arrendevo fino all’ultimo boccone.
Poi un giorno sei lì, seduta davanti al televisore. È pomeriggio, stai ingoiando litchis come fossero pop-corn. Li sbucci ed esplori con il pollice la loro strana superficie. Immagini di tastare un bulbo oculare. Li ficchi in bocca.
È a quel punto che dicono no eh! la frutta non fa mica sempre bene, la frutta è piena di zuccheri eh. Gli zuccheri fanno ingrassare, non si scappa.
Manca poco caschi dalla poltrona. E poi non tutta la frutta è uguale. C’è la frutta particolarmente zuccherina, quella che contiene molti lipidi…bisogna stare attenti.
Hai già smesso di ascoltare. Finisci di raccogliere le ultime cose – un avocado, quattro fichi, due pesche, i litchis rimasti – e butti tutto nel secchio dell’immondizia.
Quando sollevi il piede dal pedale, il coperchio si richiude con un clanc metallico che assomiglia allo scatto di una tagliola.
Da piccola, quando ero a tavola con i miei genitori, facevo sempre un gioco: immaginavo di essere una condannata a morte al suo ultimo pasto. Allora mangiavo piano, assaporavo le pietanze, godevo per l’ultima volta dei doni che mi venivano offerti, spazzolavo adagio tutto quello che mi veniva messo davanti. Per l’ultima volta. Ogni volta.

Ti svelo un segreto, dice, per star bene non c’è trucco migliore di un’acqua tiepida, pepe e limone appena svegli, dice, per la digestione è il massimo. Detox.
Se non fai qualcosa prima o poi la pagherai senza alcun preavviso, questo è certo. Infarto, tumori, osteoporosi. Per non parlare di come ti guarda la gente.
Isabella ride. “Tesoro – fa – datti una sveglia. Ancora a dar retta ai dietologi? Quelli ti raccontano un sacco di frottole. Io adesso seguo solo i consigli del mio food coach.”
Da piccola, quando ero a tavola con i miei genitori, facevo sempre un gioco: appena mia madre si alzava per controllare la pentole sui fornelli e mio padre era distratto, sottraevo un piccolo boccone dai loro piatti. Nel momento in cui lanciavo la forchetta all’attacco una scarica di terrore mi attraversava la schiena. Non penso che se mi avessero scoperta sarei stata sgridata o punita, eppure ogni volta che lo facevo mi sentivo terribilmente colpevole ed eccitata.
Qualsiasi fosse la ragione per cui ripetevo quel gesto, non saprei spiegare il perché, ma il loro cibo sembrava sempre più buono del mio.
Alla tivvù passano un horror che negli anni ’90 avrai visto almeno un centinaio di volte. È uno di quei film che nasconde una buona dose di trascuratezza sotto il tappeto di chissà quale critica sociale, un modo come un altro per giustificare litrate di sangue al pomodoro e goffi effetti speciali.
Forse devi esserti addormentata per un istante, perché il film è ai titoli di coda. Spegni il televisore e ti alzi per riporre i biscotti nell’armadietto. Dentro ci sono anche le fette biscottate integrali, la pasta senza glutine, le gallette di riso. È tutta lì, la tua vita. Ti guarda e scuote il capo, ti sorride con la benevolenza che si riserva a chi non ha capito e proprio non ci potrà arrivare mai.