UMID(O)
 una rubrica in collaborazione con Luca Marinelli

HUMPTY DUMPTY

“Humpty Dumpty sat on a wall
Humpty Dumpty had a great fall”

Sistemò le mutande, poi si girò verso il muretto che reggeva da tempo immemore le sue chiappe enormi. Fece un cenno di saluto alla collega Red Devil Blower che era appena spuntata da dietro un arbusto con un ragazzo che non dimostrava più di vent’anni.
“Quanto hai fatto oggi?”
“Poco.”
“Ti ha pagato in dollari?”
“Chi, quello? – disse indicando il ragazzo che si stava abbottonando i pantaloni – Macchè, italianissimo”.
Red sfilò un pacchetto di sigarette dalla pochette, ne prese due.
“Tieni, sono per te. Io di debiti non ne voglio.”
L’altra sorrise con garbo, mostrando i pochi denti che le restavano in bocca, poi incastrò per bene le sigarette nella coppa destra del reggiseno.

Si chiamava Humpty Dumpty, era la prostituta più conosciuta di Agnano. Quel soprannome le era stato affibbiato dai soldati, perché sedeva tutto il giorno sul muretto come l’uovo antropomorfo di una filastrocca. Non era certo uno splendore di donna, lo sapeva bene, ma non ne faceva un cruccio, l’importante era racimolare soldi a sufficienza per mettere qualcosa in tavola il giorno seguente.
A pochi metri dalla loro postazione, c’era una salita costeggiata da una lunga fila di pini che conduceva a un campo di equitazione. Dietro, cresceva incolta una piccola macchia di verde. Le aziende di compravendita automobilistiche della zona se ne erano subito appropriate per trasformarla in una discarica di copertoni e pezzi di carrozzeria rotta. E tra la gomma e la ruggine si insediarono altre prostitute; le Campfire Girls, chiamate anche “Recchiones” dai militari.
Nei periodi invernali calava l’umidità e le ragazze se ne stavano radunate intorno a qualche copertone dato alle fiamme per evitare di congelarsi in attesa dei clienti.
La strada era molto trafficata durante le ore notturne dei fine settimana, le macchine convergevano verso i falò sparsi qua e là.
Humpty e Red si aiutavano a vicenda per battere la concorrenza. I loro orari lavorativi dipendevano dalle voci che correvano sugli spostamenti di uomini giù al porto o sui nuovi arrivi nelle basi degli alleati.
Una volta Humpty ebbe l’idea di traslocare la sua postazione in una zona più vicina ai bar e al mercato, ma dopo poco fu circondata e minacciata dai protettori che controllavano l’area. Questa storia non l’aveva mai raccontata alla collega perché conosceva bene le sue paranoie e il mattino dopo l’accaduto giustificò i lividi su gambe e braccia con una maldestra caduta dalle scale.

Delle due Red era la più giovane. Aveva i capelli lisci e lunghi del colore della pece, un nasino appuntito e fianchi molto larghi. Lei si occupava principalmente dei pompini, un lavoretto veloce. Aveva più clienti ma la paga era più bassa.
Mano nella mano con il cliente, faceva dodici passi alla destra del muretto, poi altri quattro nei pressi di una lamiera inclinata su un vecchio tronco, dopodiché iniziava. Ad alcuni chiedeva un piccolo anticipo prima di condurli con sé.
Red credeva di aver sviluppato una sorta di sesto senso sul tipo di cliente: le bastava squadrarlo dalla testa ai piedi per capire se era un tipo di cui potersi fidare. Se l’operazione risultava ostica, buttava un altro sguardo sul viso. Rughe, occhiaie, lineamenti e cicatrici, tutti dettagli che contribuivano a comporre un quadro generale sulla personalità dell’individuo.
“Se dovessi morire – ripeteva spesso Humpty – prendi i soldi che ho fatto in giornata. Sai dove li metto, Red. Di te mi fido. Sposta quella pila di mattoni e prendi fino all’ultimo spicciolo”.
Quando diceva così, era davvero di pessimo umore. Aveva paura che i pappa delle Campfire potessero togliere di mezzo lei e la compagna.
“Non farti vedere da nessuno, mi raccomando. Nascondili nella mia camera da letto e ricorda che sotto la culla di Elena c’è una piastrella scollata. Metti tutto là sotto, nessuno li troverà.”
Red ascoltava inquieta pensando che se avessero ucciso lei, un posto dove nascondere il denaro non ci sarebbe stato. Portava sempre tutto con sé. Mentre era impegnata a succhiare cazzi, pregava che non la derubassero.

La sera portava nel vento il fumo della plastica bruciata dalle Campfire Girls.
“Quanti soldi faranno quelle ogni giorno?”
“Bho…più o meno quanto noi… – rispose Red mentre concludeva una pompa megagalattica – considera che… – si interruppe un attimo; il cliente stava per eiaculare – considera che loro sono molte di più e sono protette da un paio di uomini”.
Humpty Dumpty se ne stava a giocare coi sassolini staccati dall’asfalto e disegnava piccoli cerchi con i suoi sandaletti logori. La pianta dei piedi strabordava dalla suola come se la carne volesse inghiottirla. Quante volte aveva ricucito il nastrino che teneva ben salda la suoletta al collo e quante volte giù al mercato aveva provato a ingraziarsi lo scarparo per avere un paio di sandali o stivaletti usati. In fondo sono fortunata, si disse. Sono fortunata se questo posto è una merda, se questa strada è afosa e inaccogliente e se questi uomini trasudano solitudine. Pensa se tutto in questo luogo fosse anche solo un po’ diverso; puttane e spacciatori in tiro come impiegati. Arriverebbero ragazze più attraenti e spigliate. Mi toglierebbero anche quel poco che guadagno.
Accese una sigaretta e dopo un paio di tiri portò la mano in avanti, la guardò come se stesse osservando per la prima volta un quadro di Picasso. Il filtro arancio tra le dita tozze e lo smalto blu quasi andato. Il fumo della sigaretta ora camminava in parallelo con quello delle Campfire levandosi verso l’alto. Riportando la mano alla bocca, notò a pochi metri una camionetta che le veniva incontro a zigzag. Il manto stradale era cosparso di buche e nessuna delle macchine che passava di lì aveva mai seguito correttamente il rettilineo. Così ricordava Humpty. Soprattutto nei giorni di pioggia, quando le fosse si confondevano con l’asfalto bagnato. La jeep rombava sempre più forte, puntando col radiatore la prostituta che si stava sistemando i capelli. Lei fece un risolino malizioso. Cercò invano con gli occhi il viso del conducente, celato dal riflesso dei lampioni sul parabrezza, poi gli angoli della bocca le si abbassarono di colpo.

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“All the king’s horses and all the King’s men
Couldn’t put Humpty together again”

Richard Briggs rovistava nell’archivio della base sotto la supervisione del soldato Ross. Prese un fascicolo ingiallito con una grande scritta rossa sulla cartellina. Era datata “1965”. Un anno prima di allora, il soldato Briggs aveva visto per la prima volta il golfo di Napoli. Lui e i suoi compagni a bordo della La Salle erano pronti allo sbarco e all’assegnazione nelle basi.
Nel fascicolo c’era una foto scattata in aprile. Ritraeva una donna in un letto d’ospedale circondata da soldati americani. Chiunque avesse redatto il rapporto di quel giorno aveva fatto un lavoro di merda. La notizia recitava solo: “La signora ********, conosciuta da tutti come Humpty Dumpty, stava attraversando la strada per tornare alla sua postazione quando una un’autovettura l’ha investita.”
Briggs rilesse il nome della donna e vagò con lo sguardo nel giallo della cartella e poi negli occhi del soldato Ross. Gli tornarono alla mente le scorribande giù al porto e la lunga fila di taxi vicino al molo. Le sbronze nelle libere uscite, allo spaccio, e poi tutti ad Agnano, dove c’erano le puttane. Aveva visto più italiani che connazionali per quelle strade di notte, ma c’era un posto in particolare che era tappa fissa per i marinai: il muretto di Humpty. La chiamavano anche brutta fica pelosa. Le alzavano la gonna e lei si faceva fotografare per pochi dollari e poi capitava spesso che un compagno sbronzo ci finisse pure per scopare.

Il soldato Ross ruppe la breve pausa nostalgica con un colpo di tosse e non poté fare a meno di notare la foto in questione che Briggs rigirava tra le mani.
“Conosce anche lei Humpty Dumpty? Dopo l’incidente non ha potuto più lavorare ma la sua fama è arrivata alle stelle.”
Nella stanza dell’archivio faceva molto caldo e le pale dei ventilatori svolgevano il loro modesto lavoro. Briggs osservò che i colori erano rimasti invariati: rosso porpora per i ventilatori e bianco vaniglia per le pareti.
“Quando è stata dimessa dall’ospedale, tutto il comando della base le ha mostrato grande solidarietà. Le scattavano una ventina di foto a settimana, vendute allo spaccio per quaranta dollari. Andavano a ruba.”
I ventilatori rosso porpora. Rosso come il vestito che indossava sempre l’altra.
Richard Briggs si sforzò di ricordare. Sorrise compiaciuto dalla sua memoria. Red Devil Blower! Dio benedica la semplice creatività dei soldati.
“Ormai era diventata un insolito portafortuna attaccato negli armadietti della nave. Tutti volevano una sua foto.”
Il caldo era asfissiante. L’aria spinta dalle pale non arrivava a entrambi i militari. Il soldato tirò un lato della maglietta e se la portò al collo per asciugare il sudore.
Briggs aveva uno scatto della prostituta nascosto da qualche parte in casa. Sua moglie non lo sapeva e del resto a lui non importava se l’avesse trovata.

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Subito gli venne in mente del suo compagno di cabina la prima volta a Napoli. Era un ragazzo un po’ tarchiato e dai modi gentili. Uno degli ultimi giorni prima di salpare, il giovane confessò di essere ancora vergine e che voleva togliersi il pensiero la sera stessa. Fu lasciato con leggerezza dai commilitoni in balia dei consigli di un tassista, a detta di molti cliente abituale delle Campfire Girls.
“Tenente lei ce l’ha una foto di Humpty?”
La mattina seguente sul molo, erano tutti lì che attendevano di essere imbarcati. Il ragazzo tarchiato aveva un’aria di schifo e si trascinò col suo zaino accanto a Briggs. Fece una smorfia contenuta, arricciando le labbra all’indietro, poi gli raccontò tutto. La puttana lo aveva preso per mano e portato in un lurido motel. Quattro dollari più altri due per la sistemazione, come avevano pattuito.
Nell’oscurità della camera le sfilò le calze logore e infilò l’uccello da dietro. Lei restava immobile e senza fiatare.
Lui allora non poteva sapere come stesse andando e continuò un altro po’ fino a quando non sentì il mugolio di un neonato. Pensò che fosse impossibile che l’orgasmo di una donna fosse così acuto. Scostò la testa della puttana che fino ad allora gli aveva mostrato una bella schiena sinuosa e la vide cambiare il pannolino a una bimba assonnata. La donna gli fece segno di far silenzio.
“Tenente mi sta ascoltando?”, questa volta Ross alzò un po’ il tono.
Richard Briggs era al culmine dell’estasi nostalgica ma non poté fare a meno di amareggiarsi dopo tanti anni per l’espressione del suo ex compagno. Disse che la sua prima volta non era stata come se l’aspettava, lui che ci dava dentro e la donna impassibile con la testa altrove e una figlia pulita e rimessa a nanna.
Il ragazzo tarchiato chiese poi al giovane Richard se fossero vere quelle voci sulla malattia che ti faceva cadere il pisello se non lo facevi protetto.
“Accidenti se lo è! Spero che tu abbia messo attorno un po’ di silicone in più”, così rispose.
Non aveva mai visto in vita sua un ragazzo più contrariato di lui.

Il soldato Ross aveva perso ogni speranza di stabilire una confidenza con il suo superiore. A prima vista gli era parso più simpatico del normale, considerando l’austerità degli uomini del suo rango. Non c’era altro da fare se non chiudersi la porta alle spalle e lasciarlo solo.
Ora il tenente era solo con quel mucchio di fogli. Li ripose con cura nella cartellina e con le mani, ormai libere, sistemò l’uccello da sopra la patta dei pantaloni e se lo strinse per un istante.
Dopo tutti quegli anni, a lui, non era caduto ancora.

Testo Francesco Di Gennaro
Illustrazioni Marco Pellino
Lettura Veronica Rivolta

 

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