A volte succedeva quello che successe quel sabato sera: André, visto italiano e parenti in Francia, aveva appena sollevato la sciarpa fin sopra il naso. Nel piazzale del centro commerciale le gomme di chi cercava parcheggio stridevano, il vento faceva stringere le palpebre a uomini e donne dietro pesanti carrelli e i bambini piangevano per capricci non ascoltati.
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Carlo Emilio Scardigli buttò giù da una Panda una ragazza che aveva appena avviato il motore e partì a tutta velocità. Elvira salì a bordo e non fece in tempo a tirarsi dietro lo sportello, che si chiuse con la spinta dell’accelerazione.
Nella fretta, il badile fu dimenticato nel parcheggio.
“Dov’è?”, disse lo Scardigli.
“All’altezza di Firenze Scandicci. ”
Imboccarono l’autostrada.
Lo stereo diffondeva a basso volume “Comin’ Home Baby” di Herbie Mann. Tutto l’abitacolo tremava per la velocità. Anche la signora Razzauti tremava, ma non se ne accorse. Era troppo concentrata sul cellulare. Dopo cinque minuti di silenzio disse: “È praticamente sotto casa”.
“Dici che Tullio si sia svegliato e abbia guidato fino a casa? Davvero? Comunque te l’avevo detto che era meglio comprarla prima l’insulina, ché non bastava…”
“Taci. Il ladro, la macchina, sono sotto casa.”
Elvira poggiò entrambe le mani sul ginocchio destro del suo personal trainer e lo schiacciò con tutta la forza che aveva in corpo. La Panda urlò in seconda e andò a tamponare la Megane. I pantaloni di Scardigli si macchiarono del sangue della signora Razzauti. L’ammiraglio dentro il bagagliaio si fratturò il setto nasale. André, costretto a rimanere su via dell’Antella, imprecò, accelerò e guadagnò i 90 km/h in pochi secondi.
Non si voltò neppure. Negli anni a venire, avrebbe ricordato di aver corso per tutta la notte.