Strip Advisor presenta:
NEPAL
NEPAL
I ricordi sbiadiscono inesorabilmente, ma finché resta una traccia distinguibile è possibile regolare un po’ il contrasto e rivisualizzarli. Una volta che le reminescenze vengono introdotte nel proprio database, la mente può applicare alcuni filtri visivi correlati allo stato d’animo del momento, o magari ripescati dall’umore degli istanti che si stanno ripercorrendo, impressi come metadati della stessa memoria.
Il Nepal dei ricordi può quindi assumere infinite sfumature: quelle dei polarizzatori in stile Instagram, che abbelliscono le scene con luci soffuse, e quelle della sgranatura che solletica lo stomaco, con il suo grigio bluastro da terra dei fuochi che mette in risalto i sacchetti di plastica abbandonati per strada. I colori sgargianti dei Sari e le bandierine da preghiera a contrasto con stupaintonacati di bianco, cieli tersi e monti innevati; cromatismi verde-giallo umido, che restituiscono il senso di afa tra piantagioni di tè; o ancora colori desaturati, tendenti al seppia, gli edifici sul bordeaux nei borghi Tamang.
Lo stato del Sud Asia è tutto questo e anche molto di più. Si trova, suo malgrado, schiacciato tra Cina e India, che come ingombranti compagni di letto si stiracchiano, spintonano, alitano sul collo della sorella minore le proprie velleità egemoniche, infiltrando con le proprie tinte la tavolozza nepalese.
Kathmandu
Niente palettes ruffiane e accomodanti in questa rievocazione. Niente vignettature di circostanza. Pagina aperta, inquadratura ampia; che si vedano i tetti non finiti con le loro armature di cemento armato a infestare l’orizzonte. I rigagnoli putridi con bimbi scalzi, quadrupedi di svariate stazze e cumuli di immondizia, sovrastati da ponti trafficati.
Muri scalcinati segnati da graffiti di diverse fazioni politiche: Maoisti anticinesi, induisti anti-Indiani, Prem Baad [link1]. I clacson incessanti e i minorenni mendicanti strafatti di solventi.
Succhiare da una spessa cannuccia del Tongbain grossi boccali di legno, tra Sherpa e vecchi amici, luce fioca, grigia, acromatica. Nei mercati di Kathmandu, l’odore delle spezie si mescola a quello di smog, fogna, cani bagnati e polvere, rendendo l’esperienza meno gradevole del previsto. Le barbe, le merci esotiche, cappelli coloriti, venditori di hashish ed eroina.
A Thamel ci sono i fricchettoni, i negozi di falsa merce North Face, espatriati di varia provenienza e voi. Noi invece a Patàn, ma solo perché Chobar è troppo lontano e non servono cioccolata calda. La capitale può offrire esperienze impagabili: al tempio di Pashupati potrete assistere a un funerale Indù, non badate alle scimmie ladre e agli infanti che guadano tra le ceneri di esseri umani cremati le grigie acque sacre. Un viaggio in un minibus stracolmo che vi porti effettivamente a destinazione dovrebbe valervi una laurea Honoris Causa in logistica e mediazione linguistica e i disturbi intestinali maturati in due settimane dovrebbero prepararvi alle prossime avventure in Asia meridionale.
Dal Bhat
Il Dal Bhat è buono, sempre diverso ma soprattutto sempre presente. Il Dal Bhat è riso e minestra di lenticchie, a volte con verdure, chatney, achar e salsa di yoghurt. Il Dal Bhat riempie e costa poco, il Dal Bhat cambia colori, forme e contenitori. Il Dal Bhat si mangia con le mani raccolte a cucchiaio. Abbiate cura di leccarvi le mani dopo come fanno i gatti. Sopra, sotto e di lato per non far sfuggire neanche un chicco di riso, ma se siete in città è concesso anche l’uso di posate. Il Dal Bhat non si rifiuta e sovente prevede il bis.
Trekking
Se potete permettervi i percorsi più trendy come il circuito dell’Annapurna o l’Everest Base Camp buon per voi, potrete camminare tra la folla di americani, contribuendo alla contaminazione dell’Himalaya, ma sarete stati in un posto che tutti conoscono e potranno dire wow, mettendo copiosi like sulle vostre foto su Facebook; potrete dire di aver visitato il tetto del mondo. In realtà è una specie di mansarda del mondo, visto che vi mancano ancora 3500m alla vetta. Con budget più limitati potrete comunque scegliere tra le molteplici vie, valli, riserve montane da esplorare zaino in spalla, come il Langtang e Helambu.
Vivrete l’ebbrezza di viaggiare a gran velocità in autobus d’altri tempi su sterrati tornanti montani. I frequenti colpi che sentirete sulla fiancata sono il peculiare codice di adolescenti nepalesi che penzolano dal portellone aperto per segnalare all’autista la distanza tra voi e il precipizio; i sensori di parcheggio “je fanno ‘na pippa”.
Il cammino vero e proprio, come tutti i cammini degni di questo nome, è soggettivo e personale, momento di meditazione psico-fisico-emotiva in cui la fatica e la bellezza dei paesaggi fungono da catalizzatori. Piccoli villaggi raggiungibili solo a piedi, abitati da bambini sorridenti e dalle guance sporche, laghi gelidi circondati da piccoli altarini, paesaggi rocciosi pervasi da energie mistiche, mal di testa da altitudine e tanti diversi daal bhat. Vi accorgerete del calo di altitudine e del conseguente riavvicinamento alla “civiltà” grazie al graduale aumento di rifiuti di natura petrolchimica disseminati lungo il cammino e il crescente odore di samosa fritti.
Vivrete l’ebbrezza di viaggiare a gran velocità in autobus d’altri tempi su sterrati tornanti montani. I frequenti colpi che sentirete sulla fiancata sono il peculiare codice di adolescenti nepalesi che penzolano dal portellone aperto per segnalare all’autista la distanza tra voi e il precipizio; i sensori di parcheggio “je fanno ‘na pippa”.
Il cammino vero e proprio, come tutti i cammini degni di questo nome, è soggettivo e personale, momento di meditazione psico-fisico-emotiva in cui la fatica e la bellezza dei paesaggi fungono da catalizzatori. Piccoli villaggi raggiungibili solo a piedi, abitati da bambini sorridenti e dalle guance sporche, laghi gelidi circondati da piccoli altarini, paesaggi rocciosi pervasi da energie mistiche, mal di testa da altitudine e tanti diversi daal bhat. Vi accorgerete del calo di altitudine e del conseguente riavvicinamento alla “civiltà” grazie al graduale aumento di rifiuti di natura petrolchimica disseminati lungo il cammino e il crescente odore di samosa fritti.
Ilam
In quanto a viaggi il Nepal offre un’inattesa gamma di opportunità: pellegrinaggi nei luoghi sacri del buddismo, safari a cavallo di elefanti in cerca di tigri mangiauomini nei parchi del Chitwan; o magari potreste andare a trovare il cosiddetto “piccolo budda” [link2], un ventiquattrenne che vive in stato meditativo semi-ininterrotto dal 2005. I più mondani potrebbero essere interessati agli sport estremi praticabili intorno a Pokhara o a trovare pace yogi in un Ashram. Se invece volete risparmiare diverse rupie e godere di genuinità che manco il Mulino Bianco, potete trovare accoglienza presso una bella fattoria dell’Ilam (zona semisconosciuta del sud-est, ricca di piantagioni di Tè) tramite il programma WWOOF [Link3] e vivere per qualche settimana insieme a una famiglia contadina.
Macinate cereali e spezie con un mulino a pedali, trasportate secchi di urina di vacca per concimare gli asparagi, bevete latte appena munto (negli stessi secchi usati per l’urina, gli utensili scarseggiano da queste parti). Trasportate foglie e legna in cesti legati sulla fronte; mangiate tanto Dal Bhat, seduti su un pavimento di terra compatta, preparato su una cucina a legna costruita con fango annerito. Assistete a cerimonie induiste senza spettacolarizzazioni, comunicando a gesti e poche parole nepalesi imparate goffamente. Assistete alla gioia di vivere di chi ha tutto senza avere niente, per scoprire una distanza dalla vostra società che va oltre lo spazio. Viaggiando sul tetto di un autobus, tra i bagagli legati e altri passeggeri senza posto a sedere, pensate a tutto questo, cercando senza riuscirci di scavare nei file RAW dei vostri ricordi, in cerca dell’essenza di queste esperienze; oltre i filtri, oltre la post produzione. Non c’è tempo, una nuova frontiera con uomini armati, nuovo controllo passaporti e nuovi cartelli pubblicitari di prodotti industriali vi attendono, il viaggio continua.
Link 3 http://www.wwoofnepal.net/
Testo: Shakai
Immagine: Bernardo Anichini